L’altra mattina Paola, tua sorella, mi ha mandato questa foto. Era nel tuo cellulare. Io stavo salendo in macchina. Esattamente come cinque anni fa. Un pezzetto in più di cinque anni fa. Era tarda estate, quasi vicina all’autunno. Per me iniziava un capitolo nuovo, personale e professionale. La macchina sommersa di pacchi, sacchetti, scatole di pasta e mensole messe di traverso e, sotto tutto, dove si era ricavato un piccolo spazio vitale: Punto, il cane. «Dai - mi avevi detto la sera prima -, vengo anch’io, ti accompagno . Così ti aiuto a scaricare le cose e riesco a spiegarti bene come entrare nel sistema da remoto, al telefono è complicato. E poi dobbiamo parlare dell’inchiesta, lo facciamo mentre andiamo».
E sei arrivata sotto casa mia col tuo zaino e il passaporto. Siamo partite all’alba di un giorno di sole, senza navigatore internazionale (non avevo letto le istruzioni della macchina, come sempre), senza cartina geografica e, subito fuori dall’Italia, anche senza internet. Però avevamo lo screenshot del percorso che da Milano ci avrebbe portate a Londra. «Lo screenshot? E cosa ci facciamo?» . E infatti abbiamo confuso le autostrade con le superstrade perché in Francia le autostrade sono blu e non verdi come in Italia («possibile che non ci sia uno standard europeo?»), ci siamo perse passando in mezzo a paesi e città che avremmo voluto visitare ma non ce n’era tempo («quando torniamo indietro facciamo un giro largo e ci fermiamo») e quando, dopo un’ infinità di ore di guida e di pause per un pisolino («ci mettiamo di fronte a un autogrill aperto, è il posto più controllato» e da allora mi piazzo sempre li), siamo approdate a Calais per passare sotto la Manica, con te che cantavi (!!!) per restare sveglia … «Il passaporto del cane non va bene, manca la profilassi contro l’echinocco. Questo è il nome del veterinario, andate subito, lo trovate aperto».
Dall’altra parte della città, alle 4 di mattina, sempre senza navigatore e senza internet e questa volta senza neanche lo screenshot. Pensavamo di essere sole. Invece trovammo una specie di corte dei miracoli, tutti con gli occhi che si chiudevano dal sonno e un problema di passaporto dell’animale che avevamo con noi. Un intreccio di nazioni e di racconti. Accampate sul marciapiede a chiacchierare con tutti (hai sempre attaccato bottone in ogni posto , è una tua specialità) nelle nostre lingue sgangherate. Mancava solo il veterinario. Comparso diverse ore dopo, quando s’era fatto giorno inoltrato. «Fatto. Adesso dovete fermarvi a Calais 24 ore. Oppure potete lasciare il cane in uno di questi canili - ecco qui l’elenco - e tornare a prenderlo domani». 24 ore? Tornare domani? Io dopodomani dovevo chiudere le pagine , non l’avevo mai fatto da remoto, Londra era un esperimento (sembra passato un secolo oggi che da due anni lavoriamo lontane dall’ufficio ma allora era un tentativo e tu lo sapevi fare perché eri stata la prima sperimentatrice ).
Dovevo provarci prima, non potevo permettermi di sbagliare. Siamo andate a vederne uno, di canili, giusto per scrupolo. Poi abbiamo guardato Punto. «Ci fermiamo». «Luisa, piazziamoci nel primo albergo all’imbocco del tunnel, basta che ci sia il wi-fi». «No, adesso ne cerchiamo uno bello, tanto dobbiamo aspettare 24 ore» e hai preso la guida della macchina. A un certo punto ho pensato che ci saremmo ritrovate in Bretagna, a forza di «forse avanti ne troviamo uno migliore». Io cercavo un wi-fi, tu un posto accogliente. L’abbiamo trovato: esattamente sul mare. Hai cambiato espressione. C’era la bassa marea e, mentre io bofonchiando prendevo due cose per la notte, le ciotole del cane e il pc, tu hai preso Punto e l’hai portato a correre in mezzo alla sabbia lasciata libera dal mare. Abbiamo chiuso anche le pagine, e con un giorno di anticipo sulla scadenza, di notte. Come sempre poi è stato.
Ma l’abbiamo fatto solo dopo aver trovato un buon ristorante. Mi ricordo solo il tuo viso soddisfatto perché il cibo era buono, detestavi mangiare male . Mangiavi lentamente, hai preso anche il dolce. Io friggevo pensando alle pagine. E avevo sonno. Raccontato così sembra solo un viaggio di piacere. E invece durante quelle lunghe ore di guida a tratti sbilenca - il Signore ci teneva una mano sulla testa, Luisa, sì lo so che non ci credi, ma una qualche entità c’è stata - abbiamo lavorato tantissimo, mettendo a punto idee, format, inchieste. Un continuo confronto e dibattito . Non sempre eravamo d’accordo, anzi. Ma eravamo concordi sui principi e sul merito. Già con diversi decenni sulle spalle, volevamo ancora cambiare il mondo (!).
Ci fermammo a osservare le lunghe file di persone che attorniavano Calais in quei giorni. Era il periodo della crisi dei migranti che cercavano di entrare in Gran Bretagna. Dolore. Volevamo vedere con i nostri occhi. Senza però interferire con chi, per il giornale, se ne stava occupando. Era per il nostro conoscere , per un sapere che poi si sarebbe travasato in qualche nuova iniziativa che avremmo costruito, insieme o con altri. Abbiamo lavorato tanto insieme ma sempre senza obblighi . Quel giorno abbiamo anche girato un video, di stampo tutto diverso. Istruttivo e allo stesso tempo esilarante: abbiamo sbagliato a non pubblicarlo, Luisa.
È successo che quando, finalmente, eravamo pronte ad attraversare la Manica col nostro passaporto canino in ordine, abbiamo re-incontrato uno dei possessori di animale con cui ci eravamo intrattenute all’alba sul marciapiede dello studio veterinario. Un parrucchiere italo-inglese (ho ancora il suo numero di telefono sotto la voce «A Calais signore del gatto e del cane») che rientrava dalle vacanze. Un racconto da film. E tu hai tirato fuori la telecamera mentre io lo intervistavo (e questa immagine, tu dietro le quinte, ti rappresenta perfettamente). «È che il cane si è innamorato di questo qua (e indicava il gatto, che aveva in braccio e cercava di arrampicarglisi sulle spalle), un randagio». Così, lo abbiamo preso con noi. Solo che gli abbiamo messo il chip dopo l’antirabbica, ma non va bene, ci hanno detto che «prima ci vuole il chip e dopo l’antirabbica». Per questo lo avevamo incontrato dal veterinario, per il gatto: e il veterinario per 40 euro aveva semplicemente strappato il vecchio passaporto e ne aveva compilato un altro invertendo le date o mettendole nello stesso giorno, non ricordo.
Purtroppo, però, quella notte passata fuori ad aspettare il medico non solo gli aveva fatto perdere il traghetto, ma aveva anche fatto scadere i cinque giorni della profilassi del cane, la stessa che era mancata a Punto. Nuovo passaggio dal veterinario. E altre 24 ore a Calais per un totale di tre giorni tutti insieme sul van con il quale viaggiavano, cane, gatto, proprietario degli animali, il padre e uno zio con l’Alzheimer. Erano arrivati diverse ore prima di noi e sarebbero partiti il giorno dopo. E, infine, siamo arrivate a Londra . Hai sfatto lo zaino e sei subito andata a fare la spesa presentandoti con tante di quelle borse che abbiamo mangiato per giorni. Hai sempre avuto uno stipendio senza alcun orpello - insomma di quelli proprio basici - ma sull’ospitalità e cibo non si poteva transigere. E neanche sulla tua generosità . Poi sei andata a dormire: piombata in catalessi sul materassino da campeggio (mancavano ancora i mobili) con la luce accesa e avvolta in sciarpe colorate. E con Punto addosso. Tra voi due era nato un rapporto. Infatti poi lo porterai a ballare. Ma questa è un’altra storia ancora. Ciao Luisa.
Luisa Pronzato, libellula del Corriere Ciao Luisa, maestra di connessioni tra tutte e tutti Il nostro saluto a Luisa La newsletter della @27ora prende il nome di Luisa
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